Ben trovati a tutti!

Questa settimana si ricordano I Morti e come da tradizione vengono sfornati gli Zaletti che Cesare Farinelli ci ricorda con questa Pillola:

 
«A Valès, ai Mòrti, da sempre,

se magna i Zaléti caldi»

A Valeggio, ai Morti, da sempre, si mangiano gli Zaletti caldi”

Nella commedia La prodigalità d’Arlecchino del 1693, di G. Bonicelli, il protagonista pronuncia le parole:

«Chi haves paura de quel magna zaléti!».

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C. Goldoni cita gli Zaletti in diverse commedie, nella Buona moglie del 1749 fa dire a Brighella:

«Se che piàze la uva, per spénder manco, ghe porterò un per de Zaletti col zebibo».

«Se le piace l’uva, per spendere meno, le porterò due zaletti con del vino dolce di Zibibbo».

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Nel Dizionario del Dialetto Veneto di G. Boerio del 1829 si legge: Zaletìni: dolci fatti di farina gialla e conditi di butirro, ed è una specie di ghiottoneria. I facitori sono per lo più contadini Friulani, che girano per le Città gridando: «Zalétini col butirro caldi!».

UN ANTICO DOLCETTO TIPICAMENTE VENETO

Gli Zaletti hanno secoli di storia e sono nati come un tipico cibo da strada.

A Venezia gli Zaletti venivano venduti di primo mattino dai Zaletéri per essere mangiati durante la prima colazione nei mesi freddi. Gli ambulanti passavano lungo le calli recitando:

«Caldo el zaetto, caldo ch’el sbrova, caldo col zebibo, e ghe n’ho da do soldi e da un marchetto!».

«Caldo lo zaletto, caldo bollente, caldo col vino zibibbo, e ne ho da due soldi e da un marchetto!».

A fine Ottocento, in Verona, dal tardo autunno alla primavera, le strade erano percorse da gente, scesa dalle montagne per guadagnare qualche schèo, recante sul capo in una cesta una sfornata di Zaletti, coperti da un telo per tenerli caldi.

Nei paesi di provincia la migliore occasione di fare buoni affari per i venditori era quella di posizionarsi, fra la fine di ottobre e i primi di novembre, vicino alle chiese e ai cimiteri dove convergevano le tante persone che si recavano a commemorare i propri defunti.

Gli Zaletti furono molto apprezzati e anche nelle famiglie valeggiane si iniziò a prepararli. Da noi divennero una tradizione legata esclusivamente alle celebrazioni di Ognissanti e dei Morti.

Anche i Pistôr (fornai) e gli Ofelér (pasticceri) si adeguarono e cominciarono a esporre nelle loro vetrine anche questi dolcetti.

Degli Zaletti non esiste una sola ricetta, ma innumerevoli varianti elaborate nel tempo dalle cuoche valeggiane. La loro nascita è legata all’affermarsi della coltivazione del mais nell’area veneta, iniziata nelle campagne del Polesine e del Friuli alla metà del Millecinquecento. Il successo di questo cereale venuto dal nuovo mondo fu tale che alla fine del XIX secolo l’alimentazione dei contadini veronesi era basata per il 90% sulla polenta. Quindi, anche i dolci furono realizzati con la farina gialla, Zalda in lingua veneta, cui bastò aggiungere un po’ di miele (lo zucchero l’era ròba da siòri!), dell’uva passa, dei pinoli, del botér (burro) ed ecco gli Zaletti!

Come accompagnamento, oltre al citato Zibibbo, sono oggi consigliati altri vini dolci come il nostro insuperabile Recioto, il Marsala e i vari passiti.

Ai Morti c’erano anche altri alimenti tipici del periodo, molto apprezzati dai ragazzi, ma di questi parleremo la prossima volta.

Cesare Farinelli

Per chi se le fosse perse o desiderasse rileggerle, le Pillole di Cultura Valeggiana sono tutte disponibili in questo ARCHIVIO

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