1932: UNO STRANO OGGETTO VOLANTE NEI NOSTRI CIELI

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1932: UNO STRANO OGGETTO VOLANTE NEI NOSTRI CIELI
di Cesare Farinelli

Nell’agosto del 1932 alcuni valeggiani stavano lavorando nei campi attorno a Corte Bertolini, non molto lontani dai confini con il mantovano. Mentre la giornata volgeva al termine qualcosa attirò la loro attenzione, nell’azzurro del cielo estivo un grande oggetto volante stava scendendo lentamente con appesa una sfera bianca che dondolava nell’aria tersa: nessuno capiva cosa stesse succedendo. Fra di essi, c’era anche una ragazza di 17 anni, Ida Bertolini la quale, interrotto il lavoro, guardava a bocca aperta quell’inquietante apparizione. L’insolito evento le rimase impresso nella memoria per tutta la vita e quando nel 2015 compì cento anni lo ricordò: «Ero molto giovane e per noi veder scendere un pallone dal cielo era qualcosa di unico e sorprendente!».
Gli esterrefatti spettatori non immaginavano che nella piccola sfera c’erano due uomini che dagli oblò stavano osservando le colline sottostanti preparandosi all’impatto con il terreno. Si trattava del prof. Auguste Piccard (1884-1962), un famoso scienziato svizzero, accompagnato dall’amico e collega, l’ingegnere belga Max Cosyns (1906-1998): i primi esseri umani a raggiungere la stratosfera e a osservare la curvatura terrestre.
Il loro aerostato si era innalzato da un aeroporto vicino a Zurigo alle prime luci dell’alba del 18 agosto del 1932, salutato da migliaia di spettatori. Raggiunta l’altitudine record di 16.940 metri, il pallone aveva poi iniziato la discesa spinto dai venti verso la pianura Padana. Alle 11,40 Piccard aveva comunicato via radio: «Scenderemo rapidamente per evitare un ammaraggio in Adriatico. Siamo in vista del lago di Garda».
Un idrovolante dal Reparto Alta Velocità di Desenzano e un aereo decollato da Boscomantico seguirono il lento passaggio dell’aerostato. L’atterraggio avvenne alle 17,10 vicino alla borgata di Bussacchetti, frazione di Volta Mantovana. Nell’impatto con il suolo tutto ciò che conteneva la navicella andò sottosopra, e alcuni materiali finirono fuori dagli oblò aperti. Testimoni sbalorditi furono quattro contadini che assistettero all’incredibile scena e poi videro spuntare dallo strano oggetto la faccia agitata di un uomo che urlava in francese di non accendere sigarette, per il pericolo di far esplodere il pallone che si stava lentamente sgonfiando dell’idrogeno contenuto. Precauzione inutile, dato che nessuno capiva quello che stava dicendo.
L’ingegnere svizzero F. Zweifel, amico di Piccard, arrivato provvidenzialmente sul posto in auto, aiutato dal figlio riuscì ad ancorare a un gelso il cavo lanciato dalla sfera, consentendo ai due piloti di rimettere i piedi a terra.
In poco tempo si radunò una folla di curiosi, fra cui alcuni valeggiani accorsi a piedi e in bicicletta. La preoccupazione immediata di Piccard fu di raccogliere i materiali dispersi, mentre del recupero della navicella e del pallone se ne occuparono degli avieri arrivati da Desenzano al comando del colonnello M. Bernasconi. Lo scienziato, fatto un rapido spuntino con pere e banane, nonostante fosse molto provato dall’avventura, accettò sorridente di concedere autografi ai tanti bambini che lo circondavano, ma non volle rilasciare interviste ai giornalisti.
I due scienziati furono in seguito accompagnati in auto all’hotel Royal Mayer di Desenzano per riaversi dalle fatiche della trasvolata. Piccard poté così finalmente telegrafare in Svizzera alla moglie, Juliette Marianne, che attendeva ansiosamente con i figli sue notizie: “Atterrè près de Verone”, atterrato vicino a Verona.
Si concludeva così una memorabile giornata estiva fra le nostre colline moreniche.

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di Cesare Farinelli

Nell’agosto del 1932 alcuni valeggiani stavano lavorando nei campi attorno a Corte Bertolini, non molto lontani dai confini con il mantovano. Mentre la giornata volgeva al termine qualcosa attirò la loro attenzione, nell’azzurro del cielo estivo un grande oggetto volante stava scendendo lentamente con appesa una sfera bianca che dondolava nell’aria tersa: nessuno capiva cosa stesse succedendo. Fra di essi, c’era anche una ragazza di 17 anni, Ida Bertolini la quale, interrotto il lavoro, guardava a bocca aperta quell’inquietante apparizione. L’insolito evento le rimase impresso nella memoria per tutta la vita e quando nel 2015 compì cento anni lo ricordò: «Ero molto giovane e per noi veder scendere un pallone dal cielo era qualcosa di unico e sorprendente!».
Gli esterrefatti spettatori non immaginavano che nella piccola sfera c’erano due uomini che dagli oblò stavano osservando le colline sottostanti preparandosi all’impatto con il terreno. Si trattava del prof. Auguste Piccard (1884-1962), un famoso scienziato svizzero, accompagnato dall’amico e collega, l’ingegnere belga Max Cosyns (1906-1998): i primi esseri umani a raggiungere la stratosfera e a osservare la curvatura terrestre.
Il loro aerostato si era innalzato da un aeroporto vicino a Zurigo alle prime luci dell’alba del 18 agosto del 1932, salutato da migliaia di spettatori. Raggiunta l’altitudine record di 16.940 metri, il pallone aveva poi iniziato la discesa spinto dai venti verso la pianura Padana. Alle 11,40 Piccard aveva comunicato via radio: «Scenderemo rapidamente per evitare un ammaraggio in Adriatico. Siamo in vista del lago di Garda».
Un idrovolante dal Reparto Alta Velocità di Desenzano e un aereo decollato da Boscomantico seguirono il lento passaggio dell’aerostato. L’atterraggio avvenne alle 17,10 vicino alla borgata di Bussacchetti, frazione di Volta Mantovana. Nell’impatto con il suolo tutto ciò che conteneva la navicella andò sottosopra, e alcuni materiali finirono fuori dagli oblò aperti. Testimoni sbalorditi furono quattro contadini che assistettero all’incredibile scena e poi videro spuntare dallo strano oggetto la faccia agitata di un uomo che urlava in francese di non accendere sigarette, per il pericolo di far esplodere il pallone che si stava lentamente sgonfiando dell’idrogeno contenuto. Precauzione inutile, dato che nessuno capiva quello che stava dicendo.
L’ingegnere svizzero F. Zweifel, amico di Piccard, arrivato provvidenzialmente sul posto in auto, aiutato dal figlio riuscì ad ancorare a un gelso il cavo lanciato dalla sfera, consentendo ai due piloti di rimettere i piedi a terra.
In poco tempo si radunò una folla di curiosi, fra cui alcuni valeggiani accorsi a piedi e in bicicletta. La preoccupazione immediata di Piccard fu di raccogliere i materiali dispersi, mentre del recupero della navicella e del pallone se ne occuparono degli avieri arrivati da Desenzano al comando del colonnello M. Bernasconi. Lo scienziato, fatto un rapido spuntino con pere e banane, nonostante fosse molto provato dall’avventura, accettò sorridente di concedere autografi ai tanti bambini che lo circondavano, ma non volle rilasciare interviste ai giornalisti.
I due scienziati furono in seguito accompagnati in auto all’hotel Royal Mayer di Desenzano per riaversi dalle fatiche della trasvolata. Piccard poté così finalmente telegrafare in Svizzera alla moglie, Juliette Marianne, che attendeva ansiosamente con i figli sue notizie: “Atterrè près de Verone”, atterrato vicino a Verona.
Si concludeva così una memorabile giornata estiva fra le nostre colline moreniche.

 

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